martedì 6 novembre 2007

Certe cose mi fan girare i coglioni

La corte di cassazione ha confermato ieri la condanna al pagamento di 200mila euro da parte della british american tobacco co. alla famiglia di un uomo che è morto di tumore ai polmoni per aver fumato un pacchetto di sigarette al giorno per 40 anni. Notizia interessante, gran gioia del codacons che ha istituito un bel numero verde per vagliare altre cause analoghe.
Figata.
Però poi penso: quest'uomo, pace all'anima sua, per almeno 15 anni sui pacchetti di sigarette ci trovava scritto che fumare probabilmente l'avrebbe ucciso; nonostante questo ha continuato a fumare. Lo stato italiano ha continuato, per tutti questi anni, ad appore il suo sigillo di monopolio sugli stessi pacchetti, e a venderli, facendoci un sacco di soldi.
E adesso facciamo gli innocenti, e chiediamo i soldi a chi le sigarette le produce, e non a chi le vende. E io mi incazzo.
Ah beh, poi penso che però in realtà lo stato ci pensa alla mia salute, e mi impedisce di fumare nei luoghi pubblici; però, se voglio, posso andare in coma etilico nello stesso luogo pubblico in meno di due ore.
Ipocriti.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Fai bene a incazzarti, è vero che è una ipocrisia. E' anche vero che non fumare nei luoghi pubblici non è per prenderssi cura della salute dei fumatori, ma una tutela dei non fumatori. Forse alle volte eccesssiva, me che vuoi farci...

Pinin ha detto...

Già...
Non ho altro da aggiungere..

Unknown ha detto...

pesce hai mai pensato semplicemente che se non fumi...non vanno soldi allo stato...è meno probabile morire di tumori e soprattutto... io adesso sarei più felice????
Un giorno ti spiegherò!

Unknown ha detto...

Lo so bene. Il punto non è però discutere se il fumo faccia male o no; che faccia male è oggettivo, e chiunque fumi e sia in grado di leggere ne è cosciente. Il punto è che si condanna chi il tabacco lo produce, e lo condanna la stessa entità che poi lo vende, facendoci anche un bel mucchietto di quattrini; è l'ipocrisia che pervade il nostro sistema che mi urta, non il merito della questione in sè.